Chirurgia di Riduzione del Rischio Oncologico Ovarico

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Chirurgia di Riduzione del Rischio Oncologico Ovarico 2017-11-11T00:34:54+00:00

Chirurgia di Riduzione del Rischio Oncologico Ovarico

Nelle donne portatrici di mutazione BRCA il rischio di sviluppare un carcinoma ovarico è inferiore rispetto a quello di sviluppare un carcinoma mammario ma la mancanza di adeguati metodi di diagnosi precoce e la prognosi infausta del carcinoma ovarico diagnosticato in fase avanzata suggeriscono la salpingo-ovariectomia di riduzione del rischio.

La RRSO deve essere proposta a tutte le donne BRCA mutate a partire da 35-40 anni (secondo la storia familiare oncologica della donna) che abbiano completato il percorso riproduttivo. L’intervento va particolarmente incoraggiato  nelle donne mutate con pregresso tumore al seno e soprattutto nelle mutazioni BRCA 1 dove i dati della letteratura mostrano il massimo dei benefici in senso oncologico e di sopravvivenza.  La donna deve essere adeguatamente informata sui rischi e benefici della procedura compresi gli effetti legati alla menopausa chirurgica precoce.

Le eventuali opzioni alternative alla RRSO come salpingectomia, terapia estro progestinica e controlli ambulatoriali semestrali devono essere discusse con la paziente spiegando i limiti in senso preventivo di queste procedure.   La RRSO nelle pazienti BRCA positive deve prevedere una tecnica specifica che tiene in conto specifiche problematiche. L’intervento eseguito in videolaparascopia deve prevedere l’esplorazione di tutti gli organi della cavità addominale e l’esecuzione di biopsie con esame istologico nel caso di neoformazioni sospette. Segue un lavaggio peritoneale per poter ottenere un prelievo per esame citologico.

La salpingo-ovariectomia richiede la completa rimozione dell’ovaio e della salpinge comprensiva di asportazione del peritoneo peri-annessiale di 2 cm di vena ovarica e della tuba fino alla porzione intrauterina. Ovaio e salpinge devono essere asportati con sacchetto per evitare disseminazione endoperitoneale di eventuali lesioni.  Non è necessario procedere ad un’analisi istologica estemporanea, ma la possibilità di un secondo intervento chirurgico in caso di riscontro di lesione neoplastica dovrebbe essere discusso con la paziente in fase pre-operatoria.

La rimozione dell’utero non è obbligatoria quando lo studio ecografico e clinico pre-operatorio non evidenzia lesioni endometriali o miometriali; il rischio legato al tratto di salpinge trans-murale è minimo, ma dovrebbe ugualmente essere discusso con la paziente.  L’anatomo-patologo deve essere avvertito del caso, in quanto una valutazione microscopica specifica e seriata è richiesta per questi casi secondo una procedura prevista dalla letteratura.

Nelle donne con età minore di 45 anni, secondo l’ipotesi dell’insorgenza della maggioranza dei tumori maligni ovarici da lesioni tubariche, potrebbe essere proposta  la rimozione delle sole salpingi come un primo passo di chirurgia di riduzione del rischio oncologico nella donne BRCA 1 o 2 positive. Tale procedura definita “chirurgia a ponte” potrà essere seguita dalla  l’ovariectomia intorno ai 50 anni. In queste donne la salpingectomia può essere associata alla somministrazione di estro-progestinici come ulteriore prevenzione del tumore ovarico.  La gestione della eventuale insorgenza della sintomatologia menopausale deve essere gestita con molta cautela, in quanto al momento non esistono evidenze scientifiche a sostegno dell’utilizzo della terapia ormonale sostitutiva

Quadrantemia e prelievo linfonodo sentinella

La chirurgia conservativa è l’intervento di prima scelta e dovrebbe essere eseguita in tutti i casi in cui sia possibile eseguirla con margini indenni da interessamento neoplastico e con un risultato estetico soddisfacente. La possibilità di eseguire un trattamento conservativo si basa quindi sul rapporto tra le dimensioni della lesione e quelle della mammella e dovrebbe essere, quando necessario, associato o un rimodellamento o una tecnica di oncoplastica.

L’esame del linfonodo/i sentinella deve essere eseguito nei casi cN0.  Nel caso di metastasi nel linfonodo sentinella l’opzione è tra la dissezione ascellare e l’astensione da ulteriore chirurgia ascellare. La prima gode attualmente di maggior consenso, ma la seconda si sta rapidamente diffondendo, soprattutto nei centri ad alto volume. L’eventuale non effettuazione della dissezione ascellare deve essere sempre preceduta da discussione multidisciplinare e da valutazione approfondita con la paziente del rapporto rischio/beneficio. Può essere prevista all’interno di trials clinici. Donne candidate alla radicalizzazione della quadrantectomia per positività dei margini e con biopsia del LS positiva devono essere sottoposte a linfoadenectomia ascellare.