Recentemente sui quotidiani è apparsa la notizia di casi di linfoma insorti in donne che in passato erano state sottoposte a ricostruzione mammaria con protesi dopo mastectomia per cancro del seno. In alcuni articoli è stato riportato anche il decesso di alcune di loro. Tali notizie hanno generato, come è ovvio, paura nelle tantissime donne che si sono sottoposte alla ricostruzione del seno. Sono state tantissime le telefonate e le richieste di chiarimenti e tanta la loro comprensibile apprensione.
Sin dagli albori della ricostruzione mammaria studi scientifici internazionali hanno verificato la possibile correlazione tra uso di impianti protesi e patologie autoimmuni e anche il linfoma senza che si arrivasse ad una dimostrata correlazione causale, tanto che gli enti internazionali di controllo, la FDA statunitense e l’agenzia europea per il controllo dei dispositivi medici, hanno confermato l’autorizzazione al loro uso.
Nel 2011 la FDA degli USA (Food and Drug Administration) aveva segnalato in donne portatrici di protesi mammarie, impiantate a scopo ricostruttivo o estetico, casi di linfoma. Il Linfoma Anaplastico a Grandi Cellule è una rara forma di Linfoma non-Hodgkin (NHL) che si sviluppa a carico dei linfociti T del sistema immunitario e può originare in qualsiasi parte del corpo. L’anomalia era che i casi segnalati si erano presentati nei tessuti circostanti la sede dell’impianto della protesi. Nel 2013 sulla base degli studi riportati in letteratura la Commissione internazionale sul rischio dei dispositivi aveva raccolto un centinaio di casi verificatisi nel mondo, dato che nel 2017 è divenuto di 359. La World Health Organization (WHO) nel 2016 ha riconosciuto questa rara forma di linfoma e nel 2017 la Scientific Committee on Health Environmental and Emerging Risks (SCHEER) ha raccomandato la comunità scientifica di valutare e sorvegliare la possibile associazione tra impianto di protesi mammarie e linfoma NH. Ciò anche in considerazione del limitato numero di casi verificatisi a fronte di milioni di donne nel mondo portatrici di protesi per chirurgia estetica o ricostruttiva dopo tumore. Più esattamente oggi risultano nel mondo 35 milioni di donne con protesi mammaria e solo 800 hanno sviluppato un linfoma a grandi cellule senza la possibilità di dimostrare che la causa siano state proprio le protesi. In tutta Europa dal 2014 ad oggi sono stati rilevati 211 casi e in Italia solo 41 con una incidenza di 2,8 casi ogni 100 mila donne impiantate e una comparsa di sintomi che varia da 1 a 22 anni dalla data di impianto. In Italia sono impiantate ogni anno più di 50 mila protesi mammarie. Dopo lo scandalo delle protesi mammarie PIP che utilizzavano un tipo di silicone non medicale, (poco utilizzate in Italia e mai in chirurgia ricostruttiva nei centri oncologici pubblici) i controlli sui dispositivi sono aumentati e divenuti sempre più rigorosi prima di concedere le autorizzazioni al commercio.
Oltre che a livello europeo, anche il nostro Ministero della Salute, direttamente o mediante i suoi enti di sorveglianza, da diversi anni ha avviato controlli con la collaborazione delle società scientifiche e delle aziende produttrici. A novembre scorso ad Amsterdam si è svolto un apposito incontro sul tema: le risultanze scientifiche ha indotto, come in tutto il resto d’Europa, il Ministero della Salute a dichiarare ufficialmente sul proprio portale on line “ che ad oggi non ci sono evidenze scientifiche che supportino la correlazione causale tra l’insorgenza di questa patologia e il tipo di protesi mammaria”. Proprio nei giorni scorsi il Ministero della Salute ha costituito un comitato tecnico di cui fanno parte chirurghi senologi e chirurghi plastici in rappresentanza delle società scientifiche. La prima decisione presa è stata l’adozione di un registro nazionale obbligatorio dove iscrivere in modo anonimo le pazienti sottoposte a impianti mammari e poter così monitorare l’incidenza del linfoma NH. Il comitato tecnico ministeriale ha ancora ribadito che non vi sono prove che mettano in correlazione causale l’impianto delle protesi con questa neoplasia ematologica e che la ricostruzione mammaria protesica è giudicata sicura ed efficace. Le donne che hanno eseguito la ricostruzione mammaria dopo neoplasia della mammella sono sottoposte al follow up, cioè ai controlli oncologici periodici e sono quindi sotto osservazione nelle strutture di riferimento. Probabilmente lo sono meno le donne che hanno eseguito la mastoplastica additiva con impianto a scopo estetico per aumentare il volume del seno.
Comunque il linfoma NH si presenta in maniera evidente: si forma a carico della mammella una raccolta sierosa che è causa di aumento del suo volume. Ciò accade non a breve distanza ma molto tempo dopo l’esecuzione dell’intervento, senza che compaiano altri segni. L’avvertimento utile che può essere dato alle donne con protesi mammarie è che se si verificasse un improvviso e ingiustificato aumento di dimensioni del seno esse devono rivolgersi allo specialista che valuterà se ci siano o meno le indicazioni ad un accertamento ecografico o ad eseguire una risonanza mammaria. Il prelievo del liquido con un sottile ago è una procedura semplice e indolore che consente l’esame citologico e quindi di porre diagnosi. La positività di cellule neoplastiche nel siero comporta la rimozione dell’impianto e della capsula che lo circonda con remissione e guarigione della malattia. Infatti la malattia è limitata al tessuto pericapsulare e la prognosi del linfoma è nella maggior parte dei casi buona, anche se si sono verificati rarissimi casi mortali e solo in pochi casi il linfoma associato a protesi mammaria interessa i linfonodi o altri organi richiedendo la somministrazione della chemioterapia .
In conclusione le donne possono restare tranquille e allo stato attuale non è indicata la rimozione delle protesi. Le pazienti oncologiche devono continuare i loro controlli periodici e riferire ai loro chirurghi di riferimento qualunque anomalia. Dislocazioni, retrazioni della cute a causa della fisiologica fibrosi che si crea intorno all’impianto e finanche la rottura della protesi (sebbene molto rara) sono complicanze che possono frequentemente verificarsi con la chirurgia ricostruttiva e sono risolvibili. L’informazione e l’invito ad una maggiore consapevolezza deve essere estesa anche alle donne portatrici di protesi a scopo estetico: anche loro dovrebbero sottoporsi a controlli periodici sia per verificare lo stato degli impianti sia per la prevenzione oncologica a cui tutte le donne sono invitate ad aderire.
Dott. Carlo Cabula
Direttore SC Chirurgia Oncologica e Senologia
Ospedale Oncologico di Riferimento Regionale “A.Businco” di Cagliari
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